Siamo al termine delle considerazioni di Annamaria Giarolo sulla scuola post-coronavirus.
Se servono spazi, probabilmente a livello locale le risorse ci sono per permettere un distanziamento che sia rispettoso di tutti e soprattutto della missione educatrice della scuola.
Ma qui emerge un altro problema: la suddivisione delle classi utilizzando il criterio delle competenze, cioè suddividere una classe per gruppi di livello!
Purtroppo, sembra che, in alcuni ambienti scolastici, sia una scelta molto gettonata. Su quale grande teoria pedagogica sia fondata non è dato saperlo (o forse torniamo all’amato libro di De Amicis, fine secolo XIX?).
Che i bambini imparino con gli altri, nella relazione con i pari e in un contesto che sostiene e rafforza l’autostima l’hanno sostenuto nella teoria, ma anche nella pratica, i grandi del socio-costruttivismo: Piaget e Vygotskji, solo per citarne qualcuno. E perché no, anche Don Milani che nel suo I care riassumeva la necessità di pensare all’altro come a me stesso.
Allora come posso credere veramente che alunni svantaggiati traggano frutto dallo stare tra loro sapendo di essere in difficoltà e che non ce la faranno mai a raggiungere i compagni?
Torniamo alle classi differenziali? Qualcuno sostiene che, a forza di “bastonate” (bocciature, note sul diario, voti sempre più bassi, …), un alunno/studente dovrebbe trovare la motivazione per impegnarsi e faticare: anche questa teoria trova poco fondamento nella ricerca attuale, piuttosto porta dritto verso la dispersione scolastica.
Cosa fare dunque se si dovranno dividere le classi?
Si formano gruppi di lavoro, eterogenei, che si ricompattano di tanto in tanto nella piccola comunità classe per condividere risultati e obiettivi raggiunti
Chi ha più competenze si mette alla prova nel sostenere il compagno che ne ha bisogno e, accade sempre, sarà poi uno scambio reciproco perché i punti di forza di chi è svantaggiato emergono e diventano una spinta per migliorarsi, entrambi e l’intera comunità.
Fiducia e rispetto, sostegno e collaborazione, motivazione ed empatia, clima di classe positivo per star bene insieme e mettere le basi per una società che sappia riconoscere, accettare e valorizzare le diversità.
Non è forse questa la missione educatrice della scuola?
Annamaria Giarolo
Foto di Alexandra Koch da Pixabay
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