Si fa presto a dire “Intanto fai il sostegno che ti fai le ossa”, oppure “Fai esperienza sul sostegno e poi prendi la classe”, e via dicendo.
È da settembre che seguo due ragazzini con disabilità e, nonostante ce la stia mettendo tutta, mi rendo conto che non si possono affidare incarichi così importanti a insegnanti che non sanno da che parte girarsi.
Per fortuna non sono alle prime armi e, nonostante le fatiche, ora mi sembra di aver portato avanti un buon percorso ma, se mi guardo intorno, vedo colleghi di sostegno in difficoltà in ogni angolo della scuola. Sì, si fa sostegno, ma come?
Me lo chiedo ogni volta che Andrea mi guarda in attesa di una risposta adeguata, di una soluzione diversa, di una comprensione inaspettata, di poter fare quello che fanno gli altri. E soprattutto la domanda che mi pone ogni giorno è: “Perché io ho il sostegno?”. E aggiunge di aver cambiato insegnante ogni anno e che ogni volta ha dovuto spiegare alla maestra di sostegno che lui non è come Mattia che ha la Sindrome di Down!
Sono arrivata in questa scuola quattro mesi fa e mi son trovata a fare i conti con un’insegnante che mi ha parlato di Andrea davanti ai suoi compagni sottolineando le sue tante incertezze e aggiungendo: “È meglio se lo porti fuori!”. Andrea è uscito, sì, con me, ma ha cominciato subito a pormi quella domanda.
Siamo in classe quinta e lui è un ragazzino con un funzionamento intellettivo limite, FIL è la sua etichetta, gli è stato diagnosticato anche un disturbo dell’attenzione per cui si ritrova con l’insegnante di sostegno, che non vuole! Mi racconta dei suoi interessi, dei suoi desideri, dei progetti futuri e, poi, immancabilmente, arrivano le domande esistenziali: “Perché io non sono come gli altri?”.
Fin dall’inizio ho cercato di comprendere il suo funzionamento ed ho scoperto che i tanti punti di forza superano di gran lunga quelli di debolezza che, se presi con le dovute strategie (tempo in più per comprendere, schemi con parole chiave, strumenti per il recupero dell’attenzione, …) possono permettergli una sufficiente partecipazione alle attività della classe.
Poi, acquisita una maggior fiducia nelle capacità personali, sta ora provando a diventare propositivo e a farsi accettare per le sue doti dai compagni di classe. In aggiunta le valutazioni delle verifiche stanno migliorando, quindi anche l’apprendimento ne beneficia.
L’obiettivo che mi pongo ora è che anche le sue insegnanti credano in lui un po’ più di quello che hanno fatto finora.
Allora, come si fa a far sostegno?
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